2013 – OMELIA DELLA XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 
 

 

LETTURE: Ml 3, 19-20Sal 97; 2 Ts 3, 7-12Lc 21, 5-19

Il regno è tra noi, ma non è compiuto

Il nostro Dio è un Dio d’amore. Non può salvare l’uomo senza di lui, perciò stringe alleanza con il suo popolo: la salvezza è l’incontro di due fedeltà. Ma se Dio è fedele, il popolo no. Sotto l’azione dei profeti nasce la speranza e l’attesa di un uomo che finalmente saprà dare a Dio una fedeltà assoluta e incondizionata: il Messia. Quando verrà lui, Dio accorderà al suo popolo la pienezza promessa. Una promessa di vita tale che non ci sarà più nulla di comune tra il mondo presente e il nuovo paradiso. Una nuova terra, nuovi cieli. Un cuore nuovo che renderà l’uomo sensibile all’azione dello Spirito.

Un Messia che delude
Nel discorso escatologico, Gesù spiega il significato del suo intervento messianico, usando il vocabolario e i temi della letteratura apocalittica, linguaggio difficile per noi. L’intervento storico del Figlio dell’uomo inaugura gli ultimi tempi. La pienezza di vita è accordata. L’opera dei Messia è collocata sotto il segno dell’universalismo. Egli deve riunire tutti gli uomini dal quattro venti, perché tutti sono chiamati ad essere figli dei Padre. Gerusalemme è condannata perché ha tradito la sua missione trasformando in privilegio per sé il servizio da rendere a tutti i popoli: essa non ha rinunciato al suo particolarismo.
Il regno del Figlio dell’uomo non è il trionfo sui nemici del popolo ma il suo cammino di obbedienza fino alla morte sulla croce. La via per giungere alla pienezza sperata è diversa da quella attesa: bisogna passare attraverso la morte per entrare nella vita eterna: perché la morte, accettata nell’obbedienza, può essere la realtà dove si realizza il più grande amore per Dio, e per gli uomini.

Intervento risolutivo
Intervenendo nella storia in modo diverso dalle attese del popolo, Gesù di Nazaret non apporta una pienezza completamente fatta. Non è un intervento magico che deresponsabilizzi l’uomo. E’ vero, la pienezza promessa è giunta ma aspetta di essere compiuta. E’ un dono, ma insieme un impegno.
«A volte si vorrebbe che i risultati venissero dall’esterno, senza muovere un dito, come per un miracolo. L’azione di Dio per il Regno non si manifesta come una potenza esteriore: sia perché esso ci viene attualmente comunicato attraverso i segni storici che per sé sono oscuri e spesso ambigui e frammentari; sia perché Dio vuole coinvolgere anche l’uomo nella venuta del Regno» (CdA, pag. 54). La pienezza veramente ultima sarà ancora l’incontro di due fedeltà.

Il «tempo della Chiesa»
Dopo la risurrezione di Cristo, il raduno dell’intera umanità in una comunione di amore con Dio avviene gradualmente e il mondo entra in una fase decisiva della sua crescita, in vista della ricapitolazione universale in Gesù Cristo.
Al centro di questo dinamismo la Chiesa ha una parte essenziale, in quanto è il corpo di Cristo. E come tale deve seguire la via del Maestro: la morte per la vita. E deve ancora continuamente superare la tentazione di identificarsi con il regno definitivo e di chiudersi nel particolarismo.
I muri di separazione che i popoli e le aree culturali non cessano di elevare tra loro sono fondamentalmente l’ostacolo più grave alla riunione dell’universo. La missione della Chiesa è di superare questo ostacolo. Il mezzo è l’amore dei nemici che abbatte le barriere poste dall’uomo. Oggi più che mai ci si rende conto della straordinaria ampiezza del compito della Chiesa.
Si può inoltre misurare la relazione che lega, pur nella loro distinzione, la missione e l’opera di civilizzazione. Uno dei problemi fondamentali del nostro tempo è l’incontro delle culture. E’ problema politico, sociale, economico, ma non solo. Senza l’amore gratuito ed universale, non potrà avviarsi a soluzione.
«La missione profetica della Chiesa risponde a una duplice esigenza: dare senso alla storia degli uomini e insieme denunziarne le ambiguità e gli errori. Chi nella Chiesa avverte di più la prima esigenza corre il rischio a volte di vedere in tutto ciò che è nuovo sempre un fatto positivo; chi sente di più la seconda può essere condotto a rifiutare ogni rinnovamento. E’ perciò di fondamentale importanza che la Chiesa si lasci guidare dallo Spirito nel discernere gli eventi della storia: infatti, quando meno se lo aspetta, si aprono impreviste possibilità di crescita per l’avvento del Regno. Lo Spirito muove la Chiesa a rendere testimonianza al fatto che nell’intera vicenda del mondo è all’opera una forza di purificazione e di liberazione che tutto proietta verso il Cristo»(CdA, pag. 174). 

Non opponiamo resistenza alla prima venuta 

per non dover poi temere la seconda

Dal «Commento sui salmi» di sant’Agostino, vescovo
(Sal 95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353)

«Allora si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95, 12-13). Venne una prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è risuonata prima nel vangelo: «D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo» (Mt 26, 64). Che significa: «D’ora innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d`ora e non dopo, quando piangeranno tutti i popoli della terra? Effettivamente c’è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta le terra.
Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la seconda.
Che cosa deve fare dunque il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice, infatti, l’Apostolo: «Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è fatto breve: d’ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni» (1 Cor 7, 29-32).
Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l’arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato.
Lo vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il momento esatto.
«E si rallegreranno tutti gli alberi della foresta». E’ venuto una prima volta, e poi tornerà a giudicare la terra. Troverà pieni di gioia  coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà». Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà».
«Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13). Qual è questa giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra loro e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi è di più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia dal giudice coloro che non vollero usare misericordia, prima che venisse il giudice? Coloro invece che hanno voluto usare misericordia, saranno giudicati con misericordia. Si dirà infatti a coloro che stanno alla destra: «Venite, benedetti del Padre mio, riceve in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25, 34). E ascrive loro a merito le opere di misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25, 35-40) con quel che segue.
A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà rinfacciato? Che non vollero fare opere di misericordia. E dove andranno?: «Nel fuoco eterno» (Mt 25, 41). Questa terribile sentenza susciterà in loro un pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il giusto sarà sempre ricordato; non temerà annunzio di sventura» (Sal 111, 6-7). Che cos’è questo «annunzio di sventura»? «Via da me nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25, 41). Chi godrà per la buona sentenza non temerà quella di condanna. Questa è la giustizia, questa è la verità.
O forse perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se vuoi incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un’elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione!» Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1 Cor 4, 7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l’umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13).